_Tutte le notizieComunicati Stampa

Manca 48% manodopera. In 1 anno +7,6% lavoratori introvabili.

Confartigianato: “Così è a rischio il made in Italy. Necessario avvicinare Scuola a mondo del lavoro”

Per le imprese italiane è sempre più difficile trovare manodopera: nell’ultimo anno la quota di lavoratori introvabili sul totale delle assunzioni previste è passata dal 40,3% di luglio 2022 al 47,9% registrato a luglio 2023.

Lo rileva un rapporto di Confartigianato sulla carenza di personale da cui emerge l’allarme degli imprenditori per un fenomeno diffuso in tutta Italia e in tutti i settori, da quelli tradizionali fino alle attività digitali e hi tech.

In particolare, le maggiori difficoltà di reperimento si riscontrano per i tecnici specializzati nella carpenteria metallica (70,5% di personale difficile da trovare), nelle costruzioni (69,9%), nella conduzione di impianti e macchinari (56,6%).

In Piemonte il 52% del personale è di difficile reperimento (sesta regione in Italia; la prima è il Trentino-Alto Adige, con il 61,6%).

In generale, la scarsità di manodopera è un’emergenza in crescita ovunque: nell’ultimo anno, infatti, la quota di lavoratori difficili da trovare è salita di 9,1 punti nel Mezzogiorno, di 6,9 punti nel Centro, di 7,4 punti nel Nord Ovest e di 6,5 punti nel Nord Est.

Dal rapporto di Confartigianato emerge inoltre che, tra le cause di difficile reperimento, per il 32,4% dei lavoratori è dovuto alla mancanza di candidati ed il 10,8% all’inadeguata preparazione dei candidati. Per questo, le piccole imprese reagiscono intensificando le collaborazioni con gli istituti tecnici e professionali, l’utilizzo di stage, tirocini, percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento. Inoltre, all’aumento delle retribuzioni, affiancano l’offerta di pacchetti di welfare aziendale, flessibilità dell’orario di lavoro, l’utilizzo dello smart working, interventi per migliorare il clima aziendale e il comfort dei luoghi di lavoro.

«La carenza di manodopera – sottolinea il Presidente di Confartigianato Cuneo Luca Crosetto – è diventato uno dei maggiori problemi per le nostre imprese. Siamo al paradosso: il lavoro c’è, mancano i lavoratori. E, nel frattempo, 1,7 milioni di giovani tra 15 e 29 anni non studia, non si forma, non cerca occupazione. Di questo passo, ci giochiamo il futuro del made in Italy. Ecco perché il dibattito su salario minimo e lavoro povero deve allargarsi ad affrontare con urgenza il vero problema del Paese: la creazione di lavoro di qualità».

«Serve – aggiunge ancora Crosetto – un’operazione di politica economica che avvicini la scuola al mondo del lavoro, per formare i giovani con una riforma del sistema di orientamento scolastico che rilanci gli Istituti Professionali e gli Istituti Tecnici, investa sulle competenze a cominciare da quelle digitali e punti sull’alternanza scuola lavoro e sull’apprendistato duale e professionalizzante. Fondamentale un cambiamento anche culturale per superare certi pregiudizi e preconcetti. La crisi delle iscrizioni degli istituti superiori Professionali rimanda ad un immaginario che appunto separa le scuole: c’è la percezione di istituti di “serie a” e di “serie b”. Noi sogniamo un “liceo professionale” attraverso il quale, con una adeguata ridefinizione contenutistica aderente alla mescolanza di conoscenze ed approcci che il mondo del lavoro oggi pretende, anche le famiglie supererebbero quello “stigma negativo” che ora purtroppo esiste. Il mondo delle imprese richiede sempre più competenze complesse e il potenziamento dell’offerta formativa degli istituti professionali si pone come un elemento strategico, perché risponde a molteplici esigenze, tra cui anche la drammatica necessità di diminuire il gap tra domanda ed offerta di lavoro».