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Il nuovo regolamento sui materiali di scavo non aiuta i piccoli cantieri

L’intervento di Confartigianato

Entrerà in vigore il 6 ottobre il decreto ministeriale che disciplina le condizioni e i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo siano considerati non rifiuti, ma “sottoprodotti” e quindi reimpiegati per nuove opere.

Il provvedimento prevede specifici requisiti da soddisfare e specifica inoltre che la sussistenza di tali condizioni debba essere comprovata dal Piano di Utilizzo del materiale da scavo, che deve essere presentato dal proponente all’Autorità competente almeno novanta giorni prima dell’inizio dei lavori per la realizzazione dell’opera.

In concreto, però, questa nuova gestione, a cui si aggiungono stringenti adempimenti per la tracciabilità dei rifiuti, risulta altamente onerosa dal punto di vista delle risorse umane, economiche e temporali, da rendere di fatto proibitiva la sua implementazione nell’ambito di piccole e medie imprese.

«La disciplina così concepita, – spiega Luciano Gandolfo, rappresentante provinciale degli Edili di Confartigianato Cuneo e vice presidente nazionale ANAEPA (Associazione Nazionale Artigiani dell’Edilizia dei decoratori, dei Pittori e Attività Affini) – non contenendo alcun limite quantitativo di cubatura dello scavato, non esenta dall’applicazione delle nuove norme i cantieri con scavi di piccola entità. Ne consegue che le imprese edili, specialmente quelle artigiane, anche a fronte di opere di dimensioni ridotte, sono sottoposte alle suddette disposizioni e dunque ad ulteriori aggravi in termini amministrativi ed economici».

«Al fine di ovviare a tale criticità, – prosegue Gandolfo – Confartigianato ANEPA ha messo a punto un emendamento che quantifica gli scavi minori fissando il limite a 6000 metri cubi, in coerenza con quanto peraltro già previsto dal Testo Unico Ambientale (Art. 266, co. 7 del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152). Oltre a questo, la problematica in essere solleva anche un’altra difficoltà: ad oggi appare impossibile trovare dei siti adibiti allo stoccaggio della “terra vergine”, cioè quella terra derivante da scavi che se trattata come “sottoprodotto” sarebbe onerosa per il committente (a causa dei costi di gestione), e che le imprese non possono trattare come rifiuto proprio perché non esistono depositi adibiti a tale scopo. Proponiamo ai Comuni di prendere in considerazione l’ipotesi di creare appositi luoghi per lo stoccaggio di questi materiali, magari anche in forma consortile ».

«Appare evidente – aggiunge Domenico Massimino, presidente provinciale di Confartigianato Imprese Cuneo – che sia fondamentale una disciplina per differenziare i rifiuti, che ovviamente soggiacerebbero alla rispettiva normativa, dai cosiddetti “sottoprodotti”, che possono essere reimpiegati per nuove opere come rinterri, riempimenti, rimodellazioni o altre forme di ripristino. Tuttavia ci troviamo di fronte all’ennesima legge che danneggia le piccole e medie imprese, già duramente colpite dalla crisi. In particolare, per il settore dell’edilizia, rileviamo un sensibile calo del lavoro e forti ritardi nei pagamenti. Se aggiungiamo la diminuzione delle risorse pubbliche destinate agli investimenti infrastrutturali (-45% negli ultimi 4 anni), i patti di stabilità che impediscono ai Comuni di spendere in edilizia ed infine la “novità” dell’Imu, che ha provocato una discesa dei valori immobiliari, la situazione sta assumendo tratti drammatici».

«Auspichiamo, – conclude Gandolfo – che la nostra proposta sia accolta in modo favorevole dal Ministero dell’Ambiente, con il quale abbiamo già avviato dei tavoli di lavoro per concretizzare una procedura semplificata applicabile agli scavi di minore entità dalle nostre imprese artigiane».

Comunicato Stampa (MS Word)