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Spese detraibili IRPEF 2020 con pagamenti tracciabili

La legge di Bilancio 2020 ha introdotto l’obbligo di pagare con strumenti tracciabili, salvo poche eccezioni, le spese che danno diritto alle detrazioni IRPEF del 19%.

Si tratta, ad esempio, delle spese per mutui o per istruzione mentre rimangono esclusi dall’obbligo quelle relative all’acquisto dei medicinali e alle spese sanitarie presso strutture accreditate al SSN.

L’obbligo, stando al tenore letterale della norma, è scattato dal 1° gennaio 2020, ma, visto anche la vastità del campo di applicazione e alcune incertezze sull’esatto ambito applicativo e operativo della disposizione, si penserebbe allo slittamento di qualche mese.

Proroga annunciata dal Governo e che potrebbe inserita nell’iter di conversione in legge del decreto milleproroghe.

Ma, sino, ad oggi dell’emendamento non c’è traccia e, salvo colpi di scena, molto probabilmente non se ne farà nulla.

Nel frattempo, per evitare sgradite sorprese all’atto della presentazione della dichiarazione del prossimo anno, è bene conoscere nel dettaglio la norma.

Di seguito, si prova a sintetizzarla e ad evidenziarne i dubbi, nella speranza che, prima o poi, se non arriva la proroga, almeno l’Amministrazione finanziaria chiarisca gli aspetti operativi.

Come accennato, dal 1° gennaio 2020 (salvo proroghe) si subordina la fruizione della detrazione del 19%, prevista per gli oneri di cui all’articolo 15 del D.P.R. n. 917/1986 e da altre disposizioni normative, al pagamento della spesa con strumenti tracciabili (art. 1, c. 679-680 Legge n. 160/2019). Per strumenti tracciabili si intendono i versamenti bancari o postali ovvero quelli avvenuti tramite carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari.

Pertanto, tutte le spese che danno luogo allo sconto fiscale del 19% nella dichiarazione dei redditi, a decorrere dal 2020, non possono più essere effettuate con l’utilizzo del contante, pena la perdita della detrazione stessa.

Giusto a titolo d’esempio, devono essere pagate con strumenti tracciabili, le spese sanitarie, comprese quelle per familiari non a carico affetti da patologie esenti o per disabili, per veicoli per disabili, per l’acquisto di cani guida, gli interessi per mutui ipotecari, le spese di istruzione, quelle funebri, per attività sportive praticate da ragazzi, per asili nido, per assicurazioni, le spese immobiliari e molte altre ancora, anche se non elencate nell’art. 15 del TUIR.

L’obbligo, però, non riguarda le detrazioni:

  • spettanti in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di medicinali e di dispositivi medici;
  • per prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o da strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale.

La norma, per come è stata scritta, ha sollevato sin da subito alcune perplessità, sia in merito all’esatto ambito applicativo che all’operatività della stessa. Tra i dubbi alcuni riguardano le esclusioni sopra accennate.

Sono, infatti, escluse le “prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o da strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale”.

Ebbene, cosa si intende realmente per “accreditate al SSN”? Ad esempio, possono essere considerati accreditati al SSN anche i medici di base che rilasciano i certificati per uso sportivo?

A parere di chi scrive, nel caso in cui il medico, pur essendo accreditato al SSN, in quanto medico di base, rilasci un certificato per uso sportivo o anche per diverso uso (si pensi, ad esempio, a quelli per la patente), e percepisca un compenso, occorre il pagamento con moneta tracciabile, pena l’indetraibilità della spesa.

Infatti, è difficile pensare che si possa assimilare tale soggetto ad una “struttura privata accreditata al SSN”, essendosi, molto probabilmente, il Legislatore voluto riferire solo agli ospedali, case di cura e strutture sanitarie in genere.

Forse, ma anche su questo punto occorre un chiarimento, l’esclusione potrebbe valere nel caso in cui il medico operi all’interno di una struttura privata (accreditata) e percepisca il compenso per il tramite della stessa.

Altro dubbio, forse ancora più rilevante, riguarda le modalità operative per documentare l’avvenuto pagamento con strumenti tracciabili. Il problema riguarda non solo i contribuenti, ma anche i CAF e i professionisti che redigono le dichiarazioni per conto dei contribuenti.

In sintesi, non è chiaro quali documenti sono necessari per dimostrare l’avvenuto pagamento con strumento tracciabile. Non c’è alcun problema in caso di ricevuta del bonifico o del conto corrente o del POS, ma cosa accade se, ad esempio, il pagamento tracciabile è avvenuto tramite un POS che non rilascia la ricevuta limitandosi ad inviare al contribuente un SMS di conferma?

È facile immaginare che, il prossimo anno, i CAF e i professionisti saranno sommersi da montagne di ricevute delle spese e, a tale proposito, qualcuno ha chiesto se è sufficiente farsi rilasciare, dal contribuente, un’autocertificazione che attesta l’avvenuto pagamento con strumento tracciabile. Ciò eviterebbe di dover controllare una mole spropositata di documenti ma, anche ai fini del rilascio del visto di conformità sul modello 730, non è chiaro se un’autocertificazione sia sufficiente e, soprattutto, sollevi il professionista, che rilascia il visto, da ogni responsabilità. Come è evidente da queste poche righe, i problemi non sono pochi e, forse, sarebbe opportuno che, se proprio non si vuole posticipare l’obbligo, vengano diffusi al più presto i dovuti chiarimenti e sia prevista una certa elasticità per i primi mesi di applicazione delle nuove disposizioni.