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Prova degli scambi intracomunitari: novità dal 1° gennaio 2020

verificarsi di determinate condizioni, emettere una fattura senza applicazione dell’imposta, ai sensi dell’articolo 41 DL 331/1993.

Tali condizioni, possono essere riepilogate nel rispetto dei seguenti requisiti:

  • soggettivo – ovvero i due operatori che intervengono nella transazione devono essere due soggetti identificati ai fini IVA in due territori comunitari (iscrizione nella banca dati Vies);
  • oggettivo – l’operazione deve comportare il passaggio della proprietà del bene dal cedente al cessionario, con trasferimento a titolo oneroso;
  • territoriale – la transazione deve comportare la movimentazione fisica dei beni da un territorio comunitario ad altro territorio intra-Ue.

Analizziamo il requisito della territorialità, fornito dalla prova della movimentazione della merce dall’Italia ad altro Stato membro (Paese del cessionario dell’operazione).

In sede di controllo, l’Agenzia delle entrate e/o l’Agenzia delle dogane sono tenute a verificare che l’impresa cedente abbia la prova che la merce è stata effettivamente consegnata in un altro Stato UE; non è sufficiente, come pensano i più, avere le prove degli Intrastat presentati, delle fatture emesse verso controparti comunitarie o dei bonifici dei pagamenti. In assenza di una prova di consegna, l’Amministrazione finanziaria recupera l’Iva sull’operazione con l’irrogazione delle sanzioni previste (da un minimo del 90% al 180% dell’imposta non applicata).

In ambito comunitario, la prova principe resta l’attestazione che la merce materialmente si sia movimentata dall’Italia, con ingresso fisico in un altro Stato membro; in altri termini, l’ottimo – inteso in termini di tutela della non imponibilità Iva dell’operazione per il cedente IT – è avere il CMR (lettera di vettura per i trasporti internazionali su strada) controfirmato a destinazione dell’acquirente comunitario.

Attenzione: Non basta avere il CMR controfirmato per presa in carico, ossia la copia rilasciata dal vettore che ritira i beni in Italia. Tale documento non dimostra che la merce sia uscita dall’Italia: per intenderci, con il solo CMR di presa in carico non si ha nessuna garanzia che la merce post ritiro sia stata consegnata in Italia, ad esempio perché il cliente UE, a sua volta, ha rivenduto i beni in Italia. Pertanto, bisogna sempre di avere il CMR controfirmato a destinazione dal cliente comunitario.

Nel corso degli anni, l’Agenzia delle entrate è intervenuta con diversi riferimenti di prassi sull’argomento. Tali interventi hanno chiarito che, in assenza del CMR controfirmato dal cliente per ritiro l’Amministrazione può accettare qualsiasi altro elemento di prova equivalente come, ad esempio:

  • tracking online della spedizione,
  • CMR elettronico,
  • ddt controfirmato a destinazione,
  • elenco analitico delle spedizioni effettuate, inviato al cliente che lo rispedisce con timbro e firma e data di avvenuta consegna,
  • etc.

Le novità 2020

Dal 1° gennaio 2020 le cose, se possibile, si complicano ulteriormente.

Con il REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) 2018/1912 DEL CONSIGLIO
del 4 dicembre 2018 che modifica il regolamento (UE) n. 282/2011 per quanto riguarda talune “esenzioni” connesse alle operazioni intracomunitarie, viene introdotto quanto segue.

Ai fini dell’applicazione delle esenzioni di cui all’articolo 138 della direttiva 2006/112/CE – equivalente alla nostra non imponibilità IVA disposta dall’articolo 41 del DL 331/1993 – si presume che i beni siano stati spediti o trasportati dal territorio di uno Stato membro verso una destinazione esterna al proprio territorio ma nella Comunità, in presenza di una delle seguenti ipotesi, distinte a seconda di chi si occupa del trasporto della merce.

PROVA DI CONSEGNA 2020 e TRASPORTO CURATO DAL CEDENTE ITALIANO

Quando il trasporto è curato dal venditore italiano, lo stesso deve certificare che i beni siano stati spediti o trasportati da lui o da un terzo per suo conto. Inoltre, deve essere in possesso di almeno due degli elementi di prova non contraddittori di seguito riportati:

  1. i documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma,
  2. una polizza di carico,
  3. una fattura di trasporto aereo,
  4. una fattura emessa dallo spedizioniere.

In alternativa, se il venditore possiede solo 1 degli elementi di prova sopra descritti, in combinazione con uno qualsiasi dei singoli
elementi di prova sotto elencati, la prova di consegna è regolarmente fornita. i) una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
ii) documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
iii) una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni
in tale Stato membro.

PROVA DI CONSEGNA 2020 e TRASPORTO CURATO DAL CESSIONARIO UE

Quando il trasporto è curato dal cliente comunitario, il venditore deve essere in possesso di una dichiarazione scritta dall’acquirente entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione. Tale dichiarazione certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente, o da un terzo per conto dello stesso acquirente, e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni.

Inoltre, anche in questo caso, il cedente deve essere in possesso di almeno due degli elementi di prova non contraddittori di seguito riportati:

  1. i documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma,
  2. una polizza di carico,
  3. una fattura di trasporto aereo,
  4. una fattura emessa dallo spedizioniere.

In alternativa, se il venditore possiede solo 1 degli elementi di prova sopra descritti, in combinazione con uno qualsiasi dei singoli
elementi di prova sotto elencati, la prova di consegna è regolarmente fornita.

i)una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
ii) documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
iii) una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni
in tale Stato membro

Bene, a questo punto è evidente che per chi vende lasciando il trasporto totalmente nelle mani del cliente UE (vendite EXW) avrà ulteriori problemi nel reperire le prove di consegna dal 2020.

Segnaliamo, infine, che le disposizioni in commento entrano in vigore in tutti gli Stati membri con decorrenza dal 1° gennaio 2020, senza necessità di alcun recepimento da parte dei legislatori nazionali.

Tale regolamento va letto come un elenco di prove documentali, in presenza delle quali, l’Amministrazione non può disconoscere la prova territoriale (movimentazione dei beni), salvo ipotesi fraudolente o dolose nella compilazione degli stessi. Gli Stati membri possono comunque stabilire nella loro legislazione nazionale altre presunzioni in materia di prova di trasporto, nella misura in cui siano compatibili con il diritto dell’UE. A questo proposito, possono continuare ad essere applicate norme nazionali in materia di IVA che stabiliscano condizioni relative alla prova di trasporto più flessibili di quelle appena descritte (risposta 5.3.2 fornita dal VAT EXPERT GROUP, riportata di seguito nel testo originale).