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Medicinali generici e “di marca” sono davvero equivalenti?

Guardati con sospetto e considerati di “serie B”, questi farmaci seguono lo stesso processo di sperimentazione dei “branded” e sono sottoposti agli stessi controlli dell’AIFA.

Quante volte in farmacia vi è stato chiesto “vuole il generico”? Volendo fare un po’ di chiarezza, il punto di partenza è la definizione fornita dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) da cui  risulta evidente che “medicinale equivalente” e “medicinale di riferimento” (più noto come “di marca”, “griffato” o “branded”) sono la stessa cosa: contengono lo stesso principio attivo, nella stessa quantità, e hanno lo stesso profilo di attività ed efficacia. Quello che può variare è la composizione degli eccipienti, che non deve essere per forza la medesima, ma questo non influisce in nessun modo sull’efficacia del prodotto, le cui caratteristiche di qualità e sicurezza sono garantite dai rigorosi controlli dell’AIFA.

Tutti i medicinali, prima dell’immissione sul mercato, attraversano la fase della sperimentazione: un momento fondamentale nel percorso di sviluppo e approvazione del prodotto, ma purtroppo costituisce solo una “simulazione” della realtà in cui troverà il suo utilizzo. Infatti, quello utilizzato non è un metodo infallibile: alcuni effetti, come quelli cancerogeni, possono essere evidenziati soltanto dopo anni e anni di utilizzo di un medicinale su popolazioni molto estese. Quando, dunque, avviene il ritiro precauzionale dal mercato, evento sporadico e casuale, questo coinvolge tanto i medicinali equivalenti quando quelli “di marca”. Il fatto che gli equivalenti continuino a essere guardati con sospetto e considerati prodotti di “serie B”, fa sì che le notizie che li riguardano abbiano una risonanza e un impatto mediatico maggiore.

L’opinione pubblica mette con più facilità in secondo piano i ritiri dei medicinali “branded”, che comunque esistono e, purtroppo, avvengono.